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Essere ipovedenti è una condizione difficile a 4 come a 40 anni. Nascere con una disabilità sensoriale, molti credono, è più facile che subirla quando hai conosciuto una situazione visiva migliore. Non è sempre vero. Certo, non si hanno alternative.

Hai presente quando guidi in una giornata di sole ed entri in galleria, quegli attimi di smarrimento di buio, di adattamento? Ecco, dilatali in ogni istante di vita in cui il cambio di luce circostante, in una situazione già compromessa di scarsa visione, ti riporta, dopo lunghi minuti di assestamento, di nuovo al buio. Portala nella vita di un bambino, che passa dalla fatica di seguire alla lavagna, o anche sul quaderno, alla luce intensa di una giornata di sole nel cortile della scuola. E non vede più nulla.

La vita di un bambino ipovedente è tutta un po’ in salita, come puoi ben immaginare. Le cose sono sempre un po’ più difficili, le pallonate arrivano dritte sul naso, le corse sfrenate … verso chi? Verso cosa? Verso la giacca fosforescente del suo migliore amico?

Ipovisione nei bambini: strumenti, supporti, innovazioni

Il bambino ipovedente non è totalmente cieco, ma ha una forte riduzione del visus, fino ad un massimo 2/10, che impedisce la maggior parte delle attività che richiedono una certa capacità visiva (guardare la tv, fare i compiti, fare alcuni sport,…). Si tratta inoltre di una condizione che non può essere completamente risolta da lenti o interventi chirurgici e pertanto particolarmente importante da gestire, soprattutto in tenera età.

Entriamo nel dettaglio. L’ipovisione può essere centrale o periferica. Nel caso dell’ipovisione centrale il bambino ipovedente non riesce a riconoscere l’oggetto che sta fissando. Questo è un grande ostacolo nelle attività fini (scrivere, leggere, disegnare,…). L’ipovisione periferica al contrario garantisce una buona visione di ciò che il bimbo sta fissando, ma non dello spazio circostante.
Disturbi collaterali ma non meno disturbanti sono una quasi nulla visione al buio, la difficoltà nel riconoscere i colori, deficit nella visione stereoscopica, e acromatopsia (assenza dei bastoncelli sulla retina).

Supporti e metodi correttivi

I supporti utilizzabili nei casi di ipovisione del bambino e dell’adulto sono diversi e valutabili solo a seguito di un approfondito controllo e visita, in base alla riduzione dell’acuità visiva o del campo visivo.
È possibile utilizzare ausili ottici che agiscono sull’ingrandimento dell’oggetto osservato (telescopio galileiano, kepleriano, a occhio d’ape o sistemi ipercorrettivi) o sull’aumento del campo visivo (telescopi invertiti, prismi, specchi, lenti anamorfiche).

Questi filtri permettono di spostare l’immagine che arriva all’occhio in una zona della retina che sia in grado di gestire l’informazione e di vedere meglio quello che il bambino sta osservando.

Negli ultimi anni ci sono stati enormi passi avanti nella gestione dell’ipovisione, soprattutto in età pediatrica. Un solo significativo esempio: l’acromatopsia congenita è un raro difetto ereditario che si manifesta con una cecità ai colori, un’estrema difficoltà alla luce e un visus estremamente basso.
Una luce di poco più intensa di quella del crepuscolo rende questi bimbi praticamente ciechi alla luce e devono portare costantemente dei filtri che permettano di bloccare le radiazioni luminose che vanno a colpire la retina. Oggi è possibile evitare l’impatto psicologico di ingombranti e pesanti occhiali attraverso l’uso di lenti a contatto filtranti utilizzabili anche a pochi mesi dalla nascita.

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La riabilitazione visiva

La riabilitazione visiva è parte del processo di allenamento dell’occhio che coinvolge non solo il piccolo paziente, i suoi genitori e l’oculista, ma molte figure quali l’ortottista, l’optometrista, lo psicologo, Il terapista dell’ipovisione, l’istruttore, l’assistente sociale.

L’allenamento visivo è certo fondamentale in sé per permettere al bambino di spostare l’immagine in un punto dell’occhio che può sfruttare al meglio, ma devono essere considerate tutte le componenti fisiche e psicologiche. Per questo il visual training deve essere sempre fatto su misura per ogni paziente e deve essere compreso e accettato dal bambino e dai genitori che ne seguiranno lo svolgimento quotidiano.

L’importanza di un sano supporto psicologico

Se gli interventi di oculisti e optometristi sono fondamentali, un’importanza enorme ha il sostegno psicologico, la vicinanza e la comprensione della famiglia e di tutte le figure di supporto e di riferimento del bambino. La diversità, lo sappiamo bene, può essere una grande ricchezza, ma le difficoltà sono dietro l’angolo.
Essere presenti, disponibili, pronti a rispondere alle sue domande con sicurezza e serenità è la base di partenza di ogni percorso di riabilitazione di successo.

Noi di Ottica Benetti facciamo la nostra parte e siamo in grado di supportarti e consigliarti, mettendoti a disposizione tutti gli ausili ottici di ultima generazione. Vedere i nostri piccoli pazienti felici e sorridenti è ciò che rende il nostro lavoro così bello.

Lettera di un bambino ipovedente al suo insegnante

Come genitori, insegnanti, amici possono supportare il bimbo ipovedente? In rete abbiamo trovato un bellissimo documento, stilato da Unitas, l’Associazione ciechi e ipovedenti della Svizzera italiana, di cui vogliamo riportare la bellissima lettera del bambino ipovedente al suo insegnante

“Adesso che sai quali potrebbero essere le mie difficoltà, eccoti alcuni consigli.
1. Se non ti guardo è perché ti sto ascoltando.
2. Quando vedi che mi lacrimano gli occhi e continuo a sfregarli, permettimi di fermarmi a riposare. Se in classe crei un angolo tranquillo, potrei andarci quando sono stanco.
3. Alterna delle attività visive con attività d’ascolto, in modo che la mia vista si affatichi meno.
4. Se vedi che i miei occhi si muovono continuamente, vuol dire che fatico a mantenere lo sguardo su ciò che mi mostri. Permettimi di avvicinarmi e indicami esattamente dove devo guardare.
5. Se la mia testa è tesa in avanti quando scrivi alla lavagna, vuol dire che fatico a leggere da lontano. Permettimi di avvicinarmi e verbalizza ciò che scrivi.
6. Attenzione al colore del gesso. Io preferisco un colore come il bianco o il giallo.
7. Se noti che piego la testa da un lato per guardare, potrebbe voler dire che da un occhio non ci vedo bene. 8. Se calco troppo quando scrivo con la matita e a volte buco il foglio, è perché il colore della matita è troppo chiaro; permettimi perciò di scrivere con un pennarello o con una matita più visibile.
9. Se mi avvicino troppo al libro, aiutami con un leggio o con un ripiano inclinabile, così non mi viene mal di collo o mal di schiena. Anche una lampada sul mio banco potrebbe aiutarmi.
10. Dammi delle fotocopie pulite e non già fotocopiate più volte: sono più chiare e riesco a leggerle meglio.
11. Leggo molto adagio perché il mio sguardo non scorre sulla riga e continuo a perdere il posto. Ingrandiscimi, quanto basta, i libri e permettimi di utilizzare un cartoncino o il dito per non perdere il posto.
12. Se non riconosco degli oggetti, aiutami con una lente o con un ingranditore oppure permettimi di poterli toccare, in modo che le mie mani possano capire ciò che non vedo.
13. Se fatico a ritrovare le aule di scuola, dammi delle indicazioni precise con dei punti di riferimento, così posso dirigermi nel luogo indicato senza perdermi.
14. Se preferisco restare in classe senza uscire a ricreazione con i miei compagni, è perché ho paura di trovarmi in uno spazio aperto. Fatico ad anticipare i movimenti degli altri e sovente mi scontro con loro. Accompagnami vicino ai miei compagni: saranno capaci di rassicurarmi e potranno guidarmi nei loro giochi.
15. Durante le uscite scolastiche ho bisogno di aiuto per potermi muovere con maggior sicurezza.
16. Aiutami a spiegare il mio deficit visivo ai miei compagni: mi sentirei più capito e potrebbero aiutarmi meglio.”

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